Differenziali & Trazione

Una trattazione semplificata
(ma non troppo)
dedicata
 a chi sa “come” si guida ma non “perchè”
e a chi non sa né “come” né “perchè”

  di Marialberto Mensa

 

 

  i Diversi Tipi di Differenziali
  iL DIFFERENZIALE OPEN
  IL DIFFERENZIALE LOCKED
  IL DIFFERENZIALE TORSEN
 
LIMITED SLIP DIFFeRENTIAL

 L’Uso dei Blocchi nella Guida
  UNA RUOTA SENZA ADERENZA
  DUE RUOTE SENZA ADERENZA
  TRE RUOTE SENZA ADERENZA
   TABELLA RIASSUNTIVA

CONFRONTI QUANTITATIVI
COEFFICIENTE DI ATTRITO
LA TRAZIONE
IL CONCETTO DI MAG
IL MAG PER IL PONTE
VALUTAZIONI GLOBALI
   CASO GLOBALE
   STERRATO & FANGO
   SABBIA  & PISTE

CONSIDERAZIONI FINALI
   DIREZIONALITA' DELLO STERZO
   INSERIMENTO DEL BLOCCO
   AFFIDABILITA'

 

 

                        

 


 

I Diversi Tipi di Differenziale

 

 Introduzione

Il differenziale è stato inventato da un ingegnere scozzese ormai più di un secolo e mezzo fa, ed è diventato rapidamente l’elemento chiave del sistema di trasmissione (o catena cinematica) di ogni veicolo con più di due ruote. I veicoli stradali utilizzano generalmente un differenziale che trasmette la coppia motrice generata dal motore (e moltiplicata dal cambio) a due ruote motrici, permettendo loro di ruotare a velocità diverse per esempio percorrendo una curva. I veicoli fuoristrada utilizzano invece due o tre differenziali, oltre che un riduttore che aumenta ulteriormente il valore della coppia motrice disponibile. Nei veicoli a trazione integrale permanente vi sono tre differenziali: uno centrale che ripartisce la coppia motrice ai due assi anteriore e posteriore, e uno per ogni asse che ripartisce a sua volta la coppia motrice alla ruota destra e alla ruota sinistra. In questo modo non solo le ruote da un lato possono ruotare a velocità diversa da quelle dell’altro lato, ma anche le ruote anteriori possono ruotare complessivamente a velocità diversa da quelle posteriori, come è necessario quando si percorre una curva in buone condizioni di aderenza. Molti veicoli a trazione integrale inseribile utilizzano solo due differenziali, uno sull’asse anteriore e uno sull’asse posteriore: in questo modo i due assi sono vincolati a ruotare alla stessa velocità, e percorrendo una curva le piccole differenze di velocità di rotazione tra i due assi anteriore e posteriore dovranno essere assorbite da un leggero slittamento delle ruote rispetto al fondo stradale.

  Il comportamento dinamico di un veicolo dipende dalla quantità di coppia motrice applicata ad ogni sua ruota, e veicoli con diverse architetture di trasmissione avranno differenti comportamenti, come ben sanno tutti coloro che hanno guidato sia vetture con trazione anteriore (la maggioranza dei veicoli in circolazione oggi su strada) che vetture con trazione posteriore. Tale differenza di comportamento si fa particolarmente evidente in condizioni di guida “al limite”, per esempio nella percorrenza di curve a grande velocità. Si parla in questo caso di comportamento dinamico del veicolo, e la sua descrizione è piuttosto complessa e coinvolge numerosi parametri tra cui la geometria dello sterzo e delle sospensioni. Per i nostri scopi, cioè la comprensione delle caratteristiche di un veicolo fuoristrada nell’uso… fuoristrada (cioè proprio là dove dovrebbe dare il massimo), è sufficiente concentrarsi sulla trazione disponibile, risultante dalle caratteristiche di coppia del motore, dalla architettura della catena cinematica e dall’aderenza delle gomme al fondo che si percorre. Mentre in condizioni di buona aderenza il comportamento di veicoli con uno, due o tre differenziali sarà molto simile, in termini di trazione resa disponibile per l’avanzamento del veicolo, ben diverse sono le cose quando il fondo percorso ha scarsa aderenza: nel seguito vedremo di capire perché ciò succede e quali prestazioni ci possiamo aspettare da ogni soluzione architetturale.

  Qualche considerazione finale: per prima cosa, diciamo che parleremo sempre ignorando la presenza del cambio, del riduttore, e del rapporto della coppia conica del differenziale. Questi elementi hanno in sostanza solo lo scopo di aumentare la coppia disponibile alle ruote e reciprocamente diminuire il numero di giri del motore, e includerli nelle nostre analisi che seguono avrebbe solo reso tutti i ragionamenti più lunghi e più difficile la comprensione dei principi ai quali siamo interessati in questo articolo. Per chi si fosse eventualmente posto tra sé e sé la domanda: cambio e riduttore aumentano la coppia motrice, ma la potenza disponibile rimane la stessa, anzi per la precisione diminuisce di alcuni %, a causa degli attriti del sistema.

  Secondo punto: qui non vogliamo cercare di capire come funziona un differenziale in termini degli ingranaggi che sono al suo interno, ma capire quale è la sua “funzionalità”, cioè sapere come si comporta nelle diverse situazioni d’uso, e cosa possiamo aspettarci da lui. Per questa serie di articoli, un differenziale è una “scatola nera” nella quale entra un asse (l’asse “conduttore”, ovvero quello a cui si applica la coppia motrice) e dal quale escono due assi (gli assi “condotti”, quelli che azionano qualche cosa: le ruote, se il differenziale è applicato agli assi, i due alberi di trasmissione, se il differenziale è applicato al gruppo riduttore-transfer) Per chi è interessato a sapere come funzionano i vari differenziali in termini di ingranaggi al loro interno, bene, lo faccia sapere a me o all’Editore del sito, e vedremo di scrivere qualche cosa!

Si può spiegare questo secondo punto qui sopra in un modo un po’ diverso. Noi supporremo che “qualcuno” abbia fatto tutti “gli esperimenti e le misure necessarie” sui diversi differenziali che considereremo, e che questo “qualcuno” sia riuscito a condensare tutte le sue misure e scoperte in due, semplici e chiare Leggi. La Prima Legge descrive come sono legate tra loro le velocità degli assi condotti e conduttore, e la Seconda Legge dice come sono legate tra loro le coppie applicate e disponibili sui tre assi. Conoscendo le due Leggi per un certo tipo di differenziale non abbiamo bisogno d’altro per fare tutte le previsioni possibili in merito alle prestazioni di un veicolo equipaggiato con quel tipo di differenziale.

Noi partiremo da queste Leggi, che non porremo in discussione poiché rappresentano con ottima approssimazione per i nostri scopi il funzionamento di un differenziale reale, e il nostro primo obiettivo è qui di capirne bene il significato.

Ma talvolta le Leggi si possono mettere in discussione, e quando si riesce a mettere in discussione una Legge che tutti credono proprio vera, ebbene, allora è tempo di rivoluzioni: agli inizi del 1900, qualcuno, ragionando delle leggi relative a cose semplici come regoli e orologi, ha fatto una bella rivoluzione… ma non è il nostro caso!

 

 

Il differenziale “open”

 

Cominciamo ad analizzare il funzionamento di un differenziale "open". Esso è costituito da un albero in entrata (albero o asse conduttore) e due alberi in uscita (alberi o assi condotti) collegati tra loro da un complesso di ingranaggi tale da distribuire la coppia generata dal motore, applicata all’albero conduttore, equamente ai due alberi condotti indipendentemente dalla velocità di rotazione dei due alberi condotti. Il differenziale tradizionale, chiamato generalmente “open” (“aperto”) per i motivi che vedremo in seguito, è descritto da regole (o Leggi) molto semplici, che possiamo riassumere come segue:

·      Legge 1: La velocità di rotazione dell’albero conduttore è sempre il valore medio delle velocità degli alberi condotti.

·      Legge 2: La coppia disponibile su ciascuno degli alberi condotti è sempre la metà di quella applicata all’albero di entrata o conduttore.

 

Per facilitare la comprensione delle “Leggi” dei differenziali conviene aiutarsi con una semplice rappresentazione grafica:

·        indichiamo con una freccia che gira  una certa velocità di rotazione: ,

·        con due frecce  una velocità di rotazione doppia: ,

·        mentre useremo una “X” per rappresentare nessuna rotazione: .

 

Useremo una freccia spessa per rappresentare invece la coppia disponibile, o, in modo quasi equivalente, la trazione disponibile su una ruota collegata a quell’asse, numericamente ottenuta dividendo la coppia per il raggio di rotolamento della ruota. Queste quattro frecce rappresentano perciò quattro unità di coppia o di trazione, a seconda del contesto:

 

 

Con questa simbologia possiamo rappresentare graficamente le leggi dei differenziali, in modo da capirle e ricordarle meglio. Cominciamo subito col differenziale "open". Con due semplici passaggi aritmetici scopriamo subito che la Legge 1 si può enunciare in modo un po’ diverso ma del tutto equivalente (poiché ottenuto solo con passaggi algebrici):

·      Legge 1b: Il doppio della velocità di rotazione dell’albero conduttore è uguale alla somma delle velocità degli alberi condotti.

Graficamente rappresentiamo due casi estremi: a sinistra il caso in cui i due alberi condotti ruotino alla stessa velocità (per esempio nella marcia in rettilineo), a destra il caso in cui la trazione su una ruota sia così cattiva da lasciarla ruotare a vuoto. Mettiamo poi una “O” dentro al simbolo che rappresenta il differenziale per ricordare che si tratta di un differenziale "open", e altri simboli intuitivi quando considereremo altri tipi di differenziale.

 

 

L’applicazione della prima Legge (versione b!) ci permette di scrivere:

 

  

 

il cui significato dovrebbe essere ormai ovvio, e facilmente memorizzabile grazie ai disegni semplificati che abbiamo usato.

 

Consideriamo ora una rappresentazione grafica per la seconda legge:

·      Legge 2: La coppia disponibile su ciascuno degli alberi condotti è sempre la metà di quella applicata all’albero conduttore.

Possiamo rappresentare questo così:

 

 

 

Per essere precisi, la larghezza della freccia indica il valore di coppia sull’asse, e la direzione della freccia rispetto al differenziale indica se l’asse è conduttore o condotto: frecce entranti indicano assi conduttori e frecce uscenti indicano assi condotti (queste frecce non indicano vettori!).

  Bene, se comprendiamo le “Leggi”, possiamo dedurre tutto quello che ci serve: infatti il comportamento di un differenziale “open” in qualunque situazione è deducibile da queste due Leggi! Cominciamo subito a trarre dunque una prima deduzione: la potenza erogata su ogni albero condotto, data dal prodotto “Coppia x Velocità di Rotazione”, varia da 0 (caso in cui l’albero condotto sia fermo) al valore della potenza applicata all’albero conduttore (caso in cui l’albero condotto ruoti al doppio della velocità di rotazione dell’albero conduttore).

  Una seconda deduzione interessante è la seguente: quando una ruota ha talmente poca aderenza da slittare, mentre l’altra rimane ferma, la velocità di rotazione della ruota che slitta è, a parità di giri del motore e di marcia ingranata, doppia di quella che si avrebbe se ambedue le ruote girassero. Dunque, in questi casi, il rischio di produrre danni meccanici aumenta…

Bene, se è tutto chiaro passiamo subito agli altri tipi di differenziali.

   

 

Il differenziale “locked”

 

Come ogni macchina o meccanismo, il differenziale “open” non è la soluzione di tutti i problemi: dalle regole che abbiamo visto sopra la coppia disponibile agli alberi condotti è sempre uguale, e questa non è una buona cosa in tutte le situazioni. Per esempio, in condizioni di scarsa aderenza su una ruota, possiamo applicare ad essa solo una minima coppia se non vogliamo che la sua velocità di rotazione raggiunga valori tali da creare rischi di danni meccanici alla catena cinematica, e l’effetto del differenziale "open" sarà allora quello di trasferire lo stesso minimo valore di coppia alla ruota in condizioni di buona trazione: risultato, la coppia totale applicata non sarà sufficiente a far avanzare il veicolo.

Per ovviare a questo inconveniente, che può accadere con una certa frequenza su un veicolo con tre differenziali e in condizioni di scarsa aderenza quali si incontrano spesso nella guida fuoristrada, sono stati realizzati differenziali bloccabili (“locked”) nei quali tramite un comando meccanico (o elettrico o pneumatico) viene azionato all’interno del differenziale un meccanismo che rende solidale la rotazione dei due assi condotti. Un differenziale bloccabile è in generale inserito nel blocco del riduttore dei veicoli a tre differenziali. Nel caso il differenziale bloccabile sia su uno dei ponti, in caso di perdita di aderenza di una delle due ruote, il differenziale bloccato la obbliga comunque ruotare alla stessa velocità della ruota che ha ancora aderenza, e la coppia motrice viene applicata alle due ruote e scaricata a terra dalla ruota con più aderenza.

Alcuni differenziali "locked" sono automatici, e funzionano in modo inverso: i due assi condotti sono sempre solidali, ma se le condizioni di guida richiedono che una delle due ruote ruoti più velocemente dell’altra, per esempio percorrendo una curva, l’asse corrispondente viene “sganciato” e la ruota può ruotare più velocemente.

Nonostante alcuni differenziali bloccabili (o sbloccabili) siano meccanicamente abbastanza complessi, il loro funzionamento è semplicissimo, essendo, quando bloccato, del tutto analogo a quello di un asse rigido, tipo go-kart: meccanica semplice, Legge semplice. E infatti un differenziale "locked" è descritto da una Prima Legge molto semplice:

·      Legge 1: Le velocità di rotazione degli alberi condotti sono sempre uguali tra loro  e uguali alla velocità di rotazione dell’albero conduttore.

  Adottando un simbolo per il differenziale "locked" che intuitivamente ci dia l’idea di assi collegati tra loro, possiamo rappresentare graficamente questa legge nel modo seguente:

 

 

   

 

La seconda differenza rispetto al differenziale "open" è la Legge relativa al modo in cui la coppia motrice applicata all’albero conduttore si distribuisce tra gli alberi condotti: nel caso del differenziale "locked" si ha:

·        Legge 2: La somma della coppia motrice disponibile sui due assi condotti è uguale alla coppia motrice applicata all’asse conduttore.

 

La Legge non ci dice nulla su come va la coppia motrice su ciascun asse condotto, la coppia su ciascun asse dipende dalle condizioni di aderenza delle ruote, ovviamente, e sarà maggiore sull’albero che aziona la ruota avente maggiore aderenza. Graficamente, supponendo che una ruota abbia più aderenza e una meno, possiamo adottare questo disegno per ricordare la Seconda Legge per un differenziale "locked":

 

 

Una importante conseguenza la possiamo trarre immediatamente: mentre gli alberi condotti di un differenziale "open" sono dimensionati per trasferire senza eccessiva torsione metà della coppia applicata in ingresso al differenziale, come specificato dalla Legge 2 dei differenziali "open", la Legge 2 dei differenziali "locked" non è così “specifica”, e la coppia su ciascun asse può andare da zero al valore massimo disponibile sull’asse conduttore.

Se ne trae una conclusione molto rilevante agli effetti pratici: gli alberi condotti di un differenziale "locked" devono essere dimensionati per una coppia applicata doppia rispetto a quella considerata per un differenziale "open". In pratica, questo è il motivo per cui adottando su un veicolo un differenziale "locked" di qualunque tipo è necessario sostituire anche gli assi con assi rinforzati.

  

 

Differenziali TorSen

 

L’avvento generalizzato dell’elettronica in campo automobilistico e la diffusione dei sistemi ABS ha permesso l’introduzione di un’altro metodo per ovviare al problema del poco controllo sulla distribuzione della coppia motrice agli assi condotti tipico del differenziale "open". Il controllo elettronico della trazione, utilizzando i sensori ABS, applica il freno alla ruota che ruota molto più velocemente dell’altra sullo stesso asse, cioè a quella che sta slittando: in questo modo si può dare gas senza problemi e il differenziale "open" manderà una buona quantità di coppia motrice alla ruota che slitta (dove però è assorbita dal freno) e alla ruota con trazione, che provvederà a far muovere il veicolo. Questa soluzione ha come caratteristica principale una notevole semplicità costruttiva, e un basso costo nei veicoli che sono equipaggiati con ABS, ed è certamente efficace. Tuttavia anche essa ha suoi difetti: innanzi tutto, perché il sistema intervenga, è necessario che una ruota slitti: questo comporta comunque una perdita di aderenza, e quindi di trazione, prima che il sistema intervenga, con conseguente riduzione della velocità del veicolo. Inoltre l’applicazione del freno sulla ruota con poca aderenza assorbe coppia motrice, riducendone la quantità disponibile per far avanzare il veicolo. Infine, su terreni molto scivolosi, il continuo intervento del sistema può sollecitare pesantemente i freni. Per questi motivi questo tipo di sistema non è il preferito per i veicoli destinati ad un pesante uso fuoristrada in condizioni difficili, per quanto la notevole semplicità meccanica spinga i costruttori ad un uso quanto più generalizzato possibile.

Con la disponibilità di materiali nuovi (es. oli che aumentano la viscosità al crescere della temperatura, guarnizioni d’attrito resistenti alle alte temperature) e con la possibilità di eseguire lavorazioni di precisione complesse (quali ingranaggi ipoidi) sono stati concepiti nuovi tipi di differenziale, allo scopo di ovviare al difetto del differenziale "open" che abbiamo visto. Vi sono sostanzialmente due famiglie di differenziali di questo tipo: i differenziali tipo TorSen (Torque Sensing) e i differenziali LSD (Limited Slip Differential).

  Il differenziale TorSen ha al suo interno una configurazione di ingranaggi più complessa di quelli di un differenziale "open", aventi lo scopo di distribuire la coppia motrice applicata in modo ineguale agli assi condotti nel caso in cui la velocità di rotazione degli assi condotti sia diversa. Il concetto originale sviluppato circa 20 anni fa prevedeva all’interno della scatola differenziale due o tre coppie di ingranaggi trasversali rispetto agli assi condotti: questa soluzione tuttavia è spesso sostituita da altre più semplici (ed economiche da realizzare) che utilizzano un numero minore di ingranaggi orientati come gli assi condotti. Tutti i tipi di questa famiglia sfruttano l’attrito interno tra gli ingranaggi per produrre lo stesso effetto finale: una coppia maggiore sull’asse che ruota più lentamente. Per descrivere numericamente questo fatto occorre introdurre il concetto di TBR (Torque Bias Ratio, o Rapporto di Sbilanciamento di Coppia) che indica il rapporto tra la coppia applicata alla ruota che ruota più lentamente rispetto alla coppia applicata alla ruota che ruota più velocemente. I valori tipici di TBR variano da 2 a 6. Ad esempio, un differenziale di tipo TorSen con

 

TBR = 3    o anche talvolta    TBR  1 : 3

 

al quale viene applicato sull’albero conduttore una coppia di 2000Nm trasmetterà 500Nm alla ruota che slitta e 1500Nm alla ruota che ha maggiore trazione. Il vantaggio rispetto un differenziale "open" è evidente: la ruota che non slitta riceve una coppia motrice sostanzialmente maggiore, a tutto beneficio della trazione. Adottando lo stesso linguaggio usato prima per definire le “Leggi” che descrivono il differenziale TorSen possiamo esprimere la Legge sulla coppia come:

·      Legge 2: La somma delle coppie disponibili sugli alberi condotti è sempre uguale a quella applicata all’albero condotto, ma l’albero che ruota più lentamente riceve TBR volte più coppia dell’albero che ruota più velocemente.

Graficamente:

 

 

Per quanto riguarda la relazione tra le velocità di rotazione degli assi condotti rispetto all’asse conduttore, il comportamento del TorSen è del tutto simile al differenziale "open", e pertanto la Prima Legge è assolutamente identica:

·      Legge 1: La velocità di rotazione dell’albero conduttore è sempre il valore medio delle velocità degli alberi condotti (come in un differenziale ""open"")

  Questa legge è del tutto uguale a quella del differenziale "open", e quindi non la analizzeremo ulteriormente.

  In condizioni di scarsa aderenza un TorSen ha un comportamento compreso tra il differenziale "open" e il differenziale "locked". Ma quantitativamente, quanto è vicino all’uno o all’altro dei due tipi? Un differenziale "locked" ha ovviamente un coefficiente di bloccaggio del 100%, mentre un differenziale "open" ha un coefficiente di 0%. Un TorSen con TBR = 1 si comporta come un differenziale "open", inviando la stessa coppia ad ambo gli assi condotti: pertanto potremmo logicamente aspettarci che il suo coefficiente di bloccaggio sia 0%. Un differenziale TorSen con TBR = 6, per esempio, dovrebbe avere un comportamento abbastanza simile ad un differenziale "locked", poiché invia  6/(6+1) = 84% della coppia disponibile alla ruota con maggiore trazione e 1/(6+1) = 14% alla ruota con minore trazione. Precisamente, il coefficiente di bloccaggio di un differenziale tipo TorSen è dato da:

 

%bloccaggio = (TBR - 1) / (TBR + 1)

 

ad esempio un differenziale con TBR = 3 avrà un coefficiente di bloccaggio del 50%.

Si può dire dunque che un TorSen è una sorta di compromesso che cerca di mantenere il meglio del differenziale "open", permettendo agli assi condotti di ruotare a velocità diverse, e un po’ del buono di un differenziale "locked", trasmettendo più coppia motrice alla ruota con maggiore trazione, cosa utile sui terreni con poca aderenza.

Per contro, il TorSen non distribuisce uniformemente la coppia tra i due assi nelle curve, poiché nelle curve una ruota gira più velocemente dell’altra, e il TorSen agisce comunque rispettando al Legge 2: l’effetto è che il guidatore percepisce una sensazione di auto-raddrizzamento delle ruote, modesta ma avvertibile. L’altro difetto è che il TorSen non è completamente bloccante, e quindi quando per esempio una ruota è completamente sollevata risulta, a differenza di un "locked", inefficace. Dunque, molto come al solito dipende dall’applicazione che si ha in mente, ovvero dai terreni sui quali si guida, e vedremo in seguito un modo per confrontare in modo quantitativo le caratteristiche di trazione di catene cinematiche con differenziali di diverso tipo in funzione dell’aderenza del suolo. Comunque, questa nostra breve analisi ci dà subito alcune indicazioni pratiche. La prima è che in generale, per minimizzare le reazioni negative al volante sarà conveniente adottare un TorSen con un TBR basso sull’asse anteriore, e un TorSen con un TBR maggiore sull’asse posteriore, che influenza di meno la guida in curva.

Un secondo aspetto pratico è che anche con il TorSen è necessario adottare assi rinforzati, poiché la coppia sull’asse può essere sensibilmente superiore a quella che produce un differenziale "open".

  

 

 Limited Slip Differential

 

La quarta grande famiglia di differenziali sono gli LSD (Limited Slip Differential, o Differenziali a Slittamento Limitato). Qui c’è forse la più grande varietà di configurazioni, ed è piuttosto difficile dare delle Leggi semplici e generali come negli altri casi, ma possiamo comunque ricondurre i differenziali a slittamento limitato a due grandi famiglie.

In una prima famiglia mettiamo quelli nei quali un qualche “sensore” rileva una differenza di rotazione tra gli assi (slittamento) e attiva un “attuatore” che si oppone almeno in parte a questo slittamento. Un esempio molto semplice è costituito dai giunti viscosi. Essi contengono una serie di dischi, forati o leggermente alettati, immersi in un liquido viscoso (spesso genericamente chiamato “olio”) dalle proprietà particolari: all’aumentare della temperatura questo “olio” anziché ridurre al sua viscosità, come tutti gli olii, la aumenta. Quando i due assi condotti hanno uno slittamento, essi “rimescolano” questo olio, e ne fanno aumentare la temperatura. Ma come la temperatura aumenta, l’olio diventa più viscoso e tende a trascinare insieme i dischi, che in questo modo rimescolano di meno l’olio, che si raffredda e trascina di meno i dischi, e così via finché non si raggiunge un punto di equilibrio in cui gli assi slittano un poco, quel tanto che basta per tenere l’olio abbastanza caldo da permettere solo uno slittamento moderato, ma non così tanto come se il differenziale fosse un autentico "open". Questo caso è un interessante e brillante esempio di ingegneria, poiché l’olio costituisce sia il sensore, rilevando con la sua temperatura la presenza di slittamento tra gli assi, sia l’attuatore poiché aumentando la viscosità tende ad opporsi al fenomeno dello slittamento: più semplice di così!

Il principale pregio di questo sistema è il suo costo di produzione relativamente basso, ma in compenso al sua efficacia è modesta, e inoltre richiede la sostituzione periodica dell’olio pena la perdita di efficacia del sistema. Tuttavia c’è una situazione in cui questo tipo di differenziale ha buone prestazioni, ed è come differenziale centrale abbinato a differenziali TorSen o "locked" ai ponti, come vedremo nella terza parte di questa serie.

  In una seconda famiglia possiamo mettere i differenziali “pre-caricati”: il meccanismo interno è simile a quello di un differenziale "open", ma una frizione interna al differenziale applica comunque una quota parte della coppia motrice disponibile all’asse condotto che ruota a velocità minore. Anche questo è un sistema semplice, e discretamente efficace. Tuttavia è soggetto ad usura, tanto più rapida quanto più è intenso l’usi del veicolo in fuoristrada estremo, e deve essere lubrificato anche esso con un olio speciale. Questi differenziali sono generalmente regolabili, per impostare, entro certi limiti, la quantità di coppia motrice applicata all’asse che ruota più lentamente, e per recuperare i giochi derivanti dall’usura. Per questo tipo di differenziali possiamo scrivere le Leggi alle quali ci siamo ormai abituati. La Prima Legge è la stessa dei differenziali "open":

·        Legge 1: La velocità di rotazione dell’albero conduttore è sempre il valore medio delle velocità degli alberi condotti.

 

La seconda Legge ci dice che dentro al differenziale LSD c’è una frizione:

·        Legge 2: Se è disponibile, l’asse condotto che ruota a velocità minore riceve una quantità fissa di coppia.

 

E se non è disponibile? In questo caso non c’è abbastanza coppia per permettere agli assi condotti di ruotare a velocità differenza e il differenziale si comporta come se fosse un "locked".

 

   

L'uso dei blocchi nella guida

 

Introduzione

Consideriamo nuovamente il nostro fuoristrada semplificato, prescindendo, come già fatto nell’altra puntata, dal rapporto di riduzione del cambio e della coppia conica presente nei differenziali. Consideriamo nei nostri esempi la classica architettura di un fuoristrada con tre differenziali (trazione integrale permanente): il motore, rappresentato con i 4 cilindri, aziona tramite un albero di trasmissione in differenziale centrale, anche noto come “transfer o nel paesi di lingua inglese come X-case, che distribuisce il moto a due assi di trasmissione, uno verso il differenziale e il pone anteriore e uno verso il differenziale a ponte posteriore. Sui due ponti, due differenziali provvedono a trasmettere la coppia motrice alle ruote. Iniziamo considerando il caso in cui i differenziali siano tutti di tipo "open". Le “solite” quattro unità arbitrarie di coppia motrice generate dal motore vengono egualmente divise dal differenziale centrale in due unità verso il ponte anteriore e due unità verso il ponte posteriore. I differenziali ai ponti dividono ancora per due la coppia motrice disponibile verso le due ruote sullo stesso asse, cosicché su ogni ruota arriva un quarto della coppia motrice, che si trasforma in forza di trazione all’interfaccia tra ogni ruota e il suolo.

 

 

Consideriamo questo schema perché è sia il più “completo” dal punto di vista fuoristradistico, sia perché i casi in cui la macchina abbia solo due differenziali, come nel caso di molti veicoli con trazione integrale inseribile, sono riconducibili a casi particolari, ottenuti da questo immaginando che un differenziale sia “bloccato”. In generale, il differenziale che dovremo considerare bloccato è quello centrale.

La piccola “O” scritta al centro dei differenziali indica appunto che essi dono di tipo "open", ovvero l’usuale differenziale installato sulla maggior parte dei veicoli. Le frecce indicano anche le velocità di rotazione (ricordiamo sempre che per semplicità prescindiamo dai rapporti di riduzione, che hanno solo l’effetto di ridurre il numero di giri man mano ché andiamo dal motore verso le ruote, e di aumentare la corrispondente coppia motrice. Questa semplificazione cambia soltanto il valore assoluto di coppia motrice disponibile alle ruote ma non inficia in alcun modo i ragionamenti qualitativi che vogliamo fare rispetto alla guida.).

 

 

Una Ruota Senza Aderenza

 

La prossima figura mostra cosa succede quando una ruota si trova in condizioni di poca o nulla aderenza, rappresentata dalla “chiazza” nera nella figura.

La ruota in mancanza di aderenza ruoterà a vuoto opponendo una minima coppia sull’asse, e questa minima coppia, riflessa dal differenziale sull’altra ruota e tramite il differenziale centrale sulle ruote dell’altro asse, non è sufficiente a far avanzare il veicolo. Vediamo così che in una catena cinematica con tre differenziali, certo una delle soluzioni più complete, è sufficiente perdere aderenza su una ruota per trovarsi quasi irrimediabilmente fermi.

Notiamo anche subito una cosa: la velocità di rotazione della ruota senza aderenza è ben quattro volte quella che si avrebbe agli stessi giri del motore in condizione di normale trazione! Dunque non si potrà insistere col motore cercando di aumentare la coppia trasmessa a terra, per non incorrere in gravi rischi di danneggiare qualche cosa nel caso in cui improvvisamente la ruota riprendesse anche solo per un breve istante trazione!

 

 

Come uscire da questo problema?

Tutti i veicoli a trazione integrale permanente dotati di tre differenziali sono dotati del blocco del differenziale centrale: bloccando questo le situazioni in cui una ruota ha aderenza nulla non sono più un problema, come si vede dalla figura seguente.

 

 

Bloccando il differenziale centrale si obbligano i due assi condotti di questo differenziale a ruotare alla stessa velocità: l’asse che va, in questo caso, alle ruote anteriori, causerà la rotazione solo della ruota che non ha aderenza, ma l’asse posteriore trasmetterà la coppia alle ruote posteriori, che essendo in condizioni di buona aderenza potranno fa r avanzare il veicolo.

Per i veicoli con due differenziali, rispettivamente al ponte anteriore e posteriore, questo problema non si presenta: il differenziale centrale non c’è, e quindi è equivalente al blocco centrale. Questo semplifica la guida, specie ai guidatori meno esperti, ed è per questo motivo, oltre che per motivi di costo, che molte macchine hanno appunto solo due differenziali. Naturalmente, appena usciti dalla situazione critica, il differenziale centrale deve essere sbloccato. Se le condizioni di aderenza sono comunque non ottimali, il differenziale centrale potrebbe anche essere lasciato inserito, e infatti le macchine a due differenziali marciano normalmente in fuoristrada in queste condizioni, ma potendo sarà sempre meglio disinserirlo.

 

Alternativamente, e nei veicoli in cui questo è possibile, si otterrebbe un effetto simile bloccando il differenziale anteriore, come si vede nella figura seguente. Naturalmente, se il bloccaggio all’anteriore è del 100% si perderà, come abbiamo visto, in guidabilità; se invece all’anteriore abbiamo un differenziale tipo TorSen, che tra l’altro ha il vantaggio

 

di essere “sempre inserito”, non perderemo la possibilità di azionare facilmente lo sterzo, anche se, come abbiamo visto, la sua efficacia sarà inferiore a quella del differenziale "locked".

  

 

Due Ruote Senza Aderenza

 

Un altra comune situazione in cui si rischia di rimanere fermi è quella in cui due ruote dello stesso ponte perdono aderenza. La configurazione con tre differenziali "open" è mostrata in figura: le ruote posteriori sono ferme e le ruote anteriori ruotano a vuoto:

 

 

Anche in questo caso il bloccaggio del differenziale centrale è sufficiente a risolvere il problema: l’asse anteriore e l’asse posteriore sono vincolati a ruotare alla stessa velocità, e le ruote posteriori che sono in condizioni di buona aderenza permetteranno al veicolo di muoversi:

 

 

In questa situazione invece l’eventuale bloccaggio del differenziale anteriore non sarebbe di nessun aiuto.

 

Sempre della serie “due ruote senza aderenza consideriamo i casi in cui sono due ruote di assi differenti ad essere in condizioni di scarsa aderenza, ad esempio in una situazione di twist, come indicato nella figura seguente:

 

 

In questo caso bloccare il differenziale centrale non è di alcun aiuto: i due differenziali anteriore e posteriore trasmettono il moto alle ruote senza aderenza, e il veicolo non è in grado di avanzare:

 

 

Vediamo che se anche le ruote con aderenza insufficiente sono dallo stesso lato bloccare il differenziale centrale non serve a risolvere il problema:

 

 

Questa situazione può ovviamente fermare anche le macchine con solo due differenziali.

Quello che ci può trarre di impaccio in questa situazione è il blocco, totale o parziale, dei due differenziali ai ponti: in questo modo si obbligano le ruote di ogni ponte a ruotare alla stessa velocità e si recupera dunque trazione. Si può anche notare che bloccare i due differenziali ai ponti rende inutile il blocco del differenziale centrale:

 

 

La figura seguente mostra l’effetto dei blocchi ai ponti nel caso le ruote senza aderenza siano dallo stesso lato:

 

 

Alcuni montano un differenziale bloccabile solo ad un punte, quello posteriore: in questo caso si può uscire dalla situazione bloccando sia il differenziale posteriore che il differenziale centrale per evitare che tutta la trazione disponibile vada al ponte senza blocco, cioè nel caso ad esempio quello anteriore. In questo caso però sarà solo una ruota a spingere la macchina, cioè quella posteriore:

 

 

 

 Tre Ruote Senza Aderenza

 

L’ultimo caso da considerare infine è quello in cui tre ruote sono in condizioni di scarsa aderenza, situazione non comune ma neppure impossibile nella pratica del fuoristrada. Il diagramma mostra la rotazione delle diverse ruote, e naturalmente l’unica ruota che avrebbe trazione rimane ferma:

 

 

Per uscire da questa situazione è necessario azionare due blocchi: quello centrale, per mettere solidalmente in movimento gli alberi di trasmissione anteriore e posteriore, e quello sul ponte dove almeno una ruota ha aderenza, nel caso in figura quello anteriore. Tutta la trazione disponibile viene così scaricata sull’unica ruota con trazione che potrà fare avanzare il veicolo, mentre le altre ruote gireranno a vuoto e non forniranno trazione.

Nel caso in cui sia una ruota anteriore ad avere aderenza, blocchiamo il differenziale centrale quello al ponte anteriore:

 

Nel caso in cui sia una ruota posteriore ad avere aderenza, bloccheremo il differenziale centrale e quello al ponte posteriore.

Questo termina la nostra carrellata sui diversi casi possibili, e passiamo a riassumere il tutto in una tabella di facile consultazione nel prossimo capitolo.

 
 

 

Tabella Riassuntiva

 

Alcune considerazioni finali, prima di guardare una tabellina riassuntiva: abbiamo nei nostri modelli semplificati considerato il caso estremo di totale perdita di aderenza e di bloccaggio completo dei differenziali. Questo per illustrare con la massima semplicità le diverse situazioni e spiegare chiaramente quale effetto otteniamo azionando i bloccaggi. Nella pratica, le situazioni di totale perdita di aderenza non sono così frequenti (salvo in quei casi in cui una ruota sia sollevata da terra) e un bloccaggio solo parziale dei differenziali sarà più che adeguato per uscire dalla situazione critica che abbiamo affrontato. Nella terza e ultima parte di questa serie cercheremo di valutare quantitativamente le prestazioni di una catena cinematica in funzione della percentuale di bloccaggio dei differenziali e delle diverse condizioni di aderenza che possiamo aspettarci di trovare.

 

La tabella seguente riassume quanto abbiamo esaminato sinora.

 

 

Con "LOCKED" dunque indichiamo un blocco anche parziale dei differenziali: la possibilità di uscire dalla situazione di guida sarà dipendente dalle condizioni di aderenza e dalla percentuale di bloccaggio dei differenziali. Un ultimo consiglio di guida: con differenziali a bloccaggio parziale di tipo TorSen, può nei casi estremi essere conveniente frenare col piede sinistro e accelerare dolcemente col piede destro. Perché? Abbiamo visto nella precedente puntata che un differenziale TorSen trasmette alla ruota che ruota più lentamente una coppia che è TBR volte quella applicata alla ruota che ruota più velocemente, ovvero quella con minore aderenza. Applicando dolcemente un po’ di freno alle ruote, il differenziale vedrà una coppia maggiora alla ruota con poca aderenza e trasferirà TBR volte questa coppia alla ruota con maggiore aderenza. Sottraendo da questa coppia quella necessaria a vincere l’azione frenante si avrà un coppia netta maggior utilizzabile per la trazione.

Forse più di tante parole può aiutare a comprendere questa tecnica di guida che richiede una certa sensibilità coi pedali per evitare dirompere qualche cosa, può essere d’aiuto il solito disegno.

Le frecce orientate in senso opposto al moto rappresentano l’azione dei freni, che genera per reazione una coppia vista dal differenziale TorSen. Poiché nel nostro esempio TBR = 3, il differenziale TorSen manda alla ruota con trazione una quantità di coppia tre volte superiore alla coppia frenante prodotta con i freni. Questa coppia deve vincere la coppia frenante e il risultato netto sarà la disponibilità di due unità di coppia disponibili per la trazione:

 

TBR = 3

 

   

 

 

Il Coefficiente d’Attrito

La capacità del suolo di trasformare la coppia applicata alle ruote in forza capace di far avanzare il veicolo è misurata dal coefficiente d’attrito (“grip coefficient” in inglese) tra le ruote e il suolo. Quantitativamente esso è definito come il rapporto tra la forza necessaria a spostare un oggetto poggiato su una superficie e il peso che questo oggetto esercita sulla superficie stessa. Esso dipende da due fattori: la natura della superficie su cui facciamo muovere l’oggetto e la natura dell’oggetto stesso: lo stesso oggetto, per esempio un pezzo di gomma, avrà coefficiente d'attrito diverso sopra ad esempio del cemento, una piastrella asciutta o una piastrella bagnata. Il coefficiente d'attrito traduce in termini quantitativi precisi concetti quali “strada scivolosa” o “gomme dalla buona tenuta”: espressioni comunemente usate ma inadatte ad eseguire delle valutazioni e comparazioni precise.

Il coefficiente d’attrito può essere misurato con una certa precisione per diversi tipi di gomma su diverse superfici, e per fissare le idee possiamo considerare la tabella che segue per avere una idea di quanto sia buona la trazione su diversi terreni. Viene fornito un certo spettro di valori, poiché il “grip” che può offrire un certo pneumatico sui diversi fondi dipende da molti parametri, e di converso pneumatici di diverso disegno e mescola (e anche a diversa pressione di gonfiaggio o su cerchi di diversa dimensione) hanno comportamenti differenti sullo stesso fondo percorso: al solito quello che ci interessa qui è capire il comportamento del nostro fuoristrada nelle diverse situazioni più che eseguire delle precise misurazioni di valore più teorico che altro.

La gomma che consideriamo nella tabella seguente è una gomma di buona qualità con un disegno adatto al fuoristrada (diciamo un 50/50): sono dunque escluse da un lato le gomme puramente “cross”, che mostreranno un grip migliore nelle situazioni di bassa aderenza e dall’altro lato quelle impiegate sui veicoli ricreazionali, con disegno sostanzialmente stradale e che mentre hanno grip migliori di quelli della tabella nelle condizioni di buona trazione sono invece inferiori nelle condizioni di scarsa aderenza.

 

 

 

Superficie

Coefficiente d'attrito

Commenti

praticamente senza trazione

0.0 -- 0.1

da “ruota sollevata” a condizioni di twist estremo

superfici scivolose

0.1 -- 0.3

da ghiaccio a erba umida, fango scivoloso, foglie e terreni smossi

tipici percorsi fuoristrada in cattive condizioni di aderenza

0.3 -- 0.5

da neve ed erba a fango, sabbia, granigliati umidi e asciutti

tipici percorsi fuoristrada in buone condizioni di aderenza

0.5 -- 0.7

da sterrati anche smossi a fondi non pavimentati

condizioni tipiche delle strade asfaltate

0.7 -- 0.95

da asfalto vecchio ad asfalto nuovo e asciutto

 

La tabella si riferisce ad ogni ruota singolarmente, e non sarà raro avere una ruota in una condizione di aderenza buona e una in condizioni cattive. Inoltre in un tipico percorso fuoristrada si incontrano tipi di fondo anche molto diversi a breve distanza l’uno dall’altro.

 

 

La Trazione

 

Se moltiplichiamo la coppia prodotta dal motore (per esempio 30Kgm) per i rapporti di riduzione del cambio, del riduttore e dei ponti, otteniamo la coppia applicata collettivamente alle ruote. Come ormai sappiamo bene questa coppia viene generalmente distribuita in modo eguale tra le ruote da una serie di differenziali "open".

Facendo qualche semplice calcolo, supponiamo di essere in terza ridotta (3L) con il motore bene in tiro: 30kgm del nostro motore diventano ben 490kgm all’uscita di cambio e riduttore e oltre 1700kgm globalmente applicati alle ruote dopo la coppia conica ai ponti. Di questi, ciascuna ruota ne riceve ¼, e cioè più di 400kgm. Si ottiene la trazione prodotta da ciascuna ruota dividendo questo valore di coppia per il raggio di rotolamento della ruota: se supponiamo di avere una 7.50R16, il cui raggio di rotolamento è di circa 38cm, troviamo che ogni ruota potrebbe esercitare una trazione di ben 1100kg in condizioni di grip ideale, cioè con coefficiente d'attrito =1. Adeguati per portare una macchina da circa 2000kg di peso in cima a una salita a 45 gradi senza alcun problema (includendo nel calcolo il coseno dell’angolo di rampa)!

Quello che ci impedisce di salire con disinvoltura è il coefficiente d'attrito, ben inferiore a 1, più la “perdita” addizionale dovuta al coseno dell’angolo di rampa. La massima forza di trazione che l’interfaccia battistrada – suolo è in grado di sostenere è data dal coefficiente d'attrito moltiplicato per il peso applicato sulla ruota: per esempio nel caso di una macchina di 2000kg equamente distribuiti sulle quattro ruote, cioè quindi 500kg per ruota, il massimo che possiamo sperare di ottenere su asfalto è circa 500kg di spinta per ogni ruota, che si riducono a 250 – 350kg in fuoristrada, e molto meno in condizioni di trazione veramente scarse. Poiché abbiamo visto che il motore ha una esuberanza di potenza e può scaricare sulle ruote livelli di coppia molto elevati, ecco che lo slittamento delle ruote nella guida in fuoristrada, complici sia l’uso delle marce ridotte che la cattiva aderenza del fondo, è più la norma che l’eccezione.

Non è solo l’aumento della coppia applicata a causare lo slittamento delle ruote, ma anche la diminuzione del grip disponibile. Se stiamo modulando l’acceleratore per ottenere dal motore giusto la coppia che ci serve per affrontare una impegnativa salita in aderenza, e improvvisamente il fondo che percorriamo diventa meno aderente, ecco che la ruota corrispondente comincerà a slittare, perdendo trazione e pregiudicando al possibilità di procedere.

Una ultima considerazione: sembra dai semplici calcoli che abbiamo fatto che la trazione disponibile sia in generale molto grande, e non sembra quasi comprensibile cosa serva così tanta coppia per viaggiare normalmente in pianura fuoristrada. La necessità di una elevata coppia e trazione viene in generale dal fatto che la marcia in fuoristrada richiede uno sforzo molto superiore alla marcia su un fondo liscio e compatto. Il fondo su cui si marcia fuoristrada è sconnesso, e davanti alle ruote si presentano continuamente sassi, buche e altre piccole o grandi irregolarità. Tali irregolarità agiscono sulle ruote proprio come una continua salita che deve essere superata. Nella marcia su fondi morbidi, sui quali il galleggiamento del pneumatico non è adeguato, si forma in continuazione davanti al pneumatico un muro alto talvolta anche 10 e più centimetri, come nella marcia su sabbia molto soffice, che deve essere superato continuamente.

  

 

 

Il Concetto di MAG

 

Una ruota può essere ora nel fango e avere poca aderenza, ora trovare una ramo, un sasso o una radice che restituiscono temporaneamente alla ruota una certa aderenza, e dall’altro lato del ponte l’altra ruota può essere in una situazione completamente opposta. Il numero di condizioni che ci si trova a dover affrontare è molto alto, e non possiamo semplicemente enumerare tutti i diversi casi per valutare l’efficacia di un certo sistema di trasmissione in ciascun caso e confrontare poi tutti i casi e cercare una sintesi: dobbiamo utilizzare qualche altro metodo di valutazione più sintetico.

  Cominciamo a considerare il problema di un solo asse e introduciamo un fattore indipendente dalla coppia del motore e dal peso applicato sulla ruota, ma solo dalle condizioni di grip del terreno e dalla configurazione del differenziale su quell’asse: lo chiamiamo Maximum Available Grip (Massima Aderenza Disponibile) e lo indichiamo con MAG. Il MAG è calcolato dal valore del coefficiente d'attrito delle due ruote e dalle Leggi dei differenziali, ed è direttamente correlato alla massima trazione disponibile che si ottiene semplicemente moltiplicando il MAG per la metà del peso sull’asse.

Come si calcola il MAG?

Ad esempio supponiamo di avere un ponte equipaggiato di un differenziale "open", e questo ponte ha una ruota su un fondo ad aderenza media con un coefficiente d'attrito di 0.6 e l’altra ruota per esempio su dell’erba umida, che ha coefficiente d'attrito anche solo di 0.2.

Applichiamo un piccolo valore di coppia al differenziale, e questo la dividerà, coem sappiamo dall esue Leggi, in due quantità uguali applicate alle due ruote. La coppia è bassa e le ruote non slittano.ma se ora cominciamo ad aumentare la coppia palliata, ad un certo momento la coppia sarà abbastanza grande da far slittare, ovviamente per prima, la ruota con il coefficiente d'attrito più basso, quella sull’erba. Il fatto che l’altra ruota sia in condizioni di buona aderenza non ci è di nessun aiuito: un aumento del pedale dell’acceleratore farà girare più rapidamente il motore e la ruota sull’erba slitterà sempre maggiore velocità, ama la ruota in buone condizioni di aderenza non potrà comunque ricevere più che la stessa coppia di quella che slitta, proprio come se il coefficiente d'attrito fosse solo 0.2.

Possiamo dunque dire che in questa situazione il MAG è dato da

 

MAG = 0.2 + 0.2 = 0.4

 

Possiamo rappresentare su un grafico questo risultato: supponiamo che la ruota sinistra abbia un coefficiente d'attrito di 0.2, mentre sull’asse delle X mattiamo il coefficiente d'attrito della ruota destra, ottenendo il grafico seguente:

 

 

Si vede che in un differenziale "open" il MAG è sempre limitato al doppio del coefficiente d'attrito della ruota con la minore aderenza.

 

Se avessimo avuto un differenziale bloccato, la ruota sull’erba non avrebbe slittato, essendo rigidamente collegata alla ruota a più alta aderenza. Possiamo applicare sempre più coppia, finché ad un certo punto tutte e due le ruote cominciano a slittare insieme.

Questo succede quando applichiamo abbastanza coppia da far slittare la ruota con coefficiente d'attrito di 0.2 più quella con coefficiente d'attrito di 06: il MAG è dunque:

 

MAG = 0.2 + 0.6 = 0.8

 

Rappresentiamo la situazione su un grafico: al solito la ruota sinistra ha un coefficiente d'attrito di 0.2 mentre alla ruota destar applichiamo una coppia sempre maggiore, ottenendo:

 

 

La situazione è ben diversa dal caso "open": con un differenziale locked, il MAG è dato dalla somma dei due grip disponibili alle due ruote.

 

E cosa succede con un differenziale TorSen?

Supponiamo che sia TBR = 3. Quando la coppia sulla ruota sull’erba raggiunge il valore che la farebbe slittare, il TorSen, per via del suo principio di funzionamento, trasmette alla ruota con un buon grip una coppia tre volte superiore. Questo valore di coppia è appena sopportabile senza slittare da una ruota con un coefficiente d'attrito tre volte superiore, cioè pari a 0.6, che è proprio il valore che abbiamo sulla ruota con migliore aderenza.

A questo punto è chiaro che il MAG p dato da:

 

MAG = 0.2 + 0.6 = 0.8

 

Ma se aumentiamo ancora la coppia disponibile, le ruote cominceranno a slittare tutte e due, e il MAG non potrà superare il valore di 0.8.

Anche se la trazione disponibile sulla ruota in buone condizioni di aderenza fosse migliore, con un TorSen non potremmo ottenere un MAG superiore: infatti con un TBR di 3 la ruota con coefficiente d'attrito di 0.2 non può riflettere alla ruota con maggiore aderenza più di coppia di quanta ne servirebbe per far slittare una ruota cion coefficiente d'attrito di 0.6: questo si vede chiaramente se si confronta il grafico del MAG del TorSen con quello del differenziale "open": c’è tutta una regione in cui i due sistemi si equivalgono, e precisamnte per i coefficiente d'attrito compresi tra poco meno di 0.1 e 0.6, ma al di sotto e al di sopra, il TorSen ha un MAG inferiore al "locked".

 

 

   

 

 

Il MAG per un Ponte

L’area compresa al di sotto dei grafici ci dà una idea delle prestazioni generali del ponte nelle diverse condizioni che si incontrano. I grafici che abbiamo visto considerano però assumono che una ruota abbia un coefficiente d'attrito fisso, nei nostri casi 0.2, e a variare sia solo il coefficiente d'attrito dell’altra ruota. Questo ovviamente non è quanto succede nella realtà, e dobbiamo invece considerare che il coefficiente d'attrito varii su tutta la scala per ambedue le ruote. Ci serviamo in questo caso di grafici tridimensionali per rappresentare il MAG disponibile, riportato sull’asse Z, mentre sugli assi X e Y mettiamo il coefficiente d'attrito delle due ruote individualmente.

 

I grafici che abbiamo visto precedentemente sono delle “sezioni” di questo grafico tridimensionale, ovviamente più generale di quelli. Considerando un valore del coefficiente d'attrito pari a 0.2 e seguendo le corrispondenti linee sui grafici si ritrovano esattamente i grafici che abbiamo già visto.

Ma la vista tridimensionale è molto importante perché il comportamento in generale del nostro sistema cinematico è descritta sotanzialmnte dal volume al di sotto della superficie: tanto ,maggiore quasto volume, tanto maggiore l’efficacia del sistema cinematica in termini di trazione.

 

Si vede che il volume sotto la superficie del differenziale "open" è inferiore a quello sotto il volume del differenziale TorSen, a sua volta inferiore a quello sotto la superficie del differenziale "locked". I vantaggi dle TorSen, la possibilità per le ruote di ruotare a diverse velocità, si paga in termini di minore efficacia globale.

 

 

 

 

E’ anche interessante notare come il TorSen sia, anche graficamente, in qualche modo a metà tra un "open" e un "locked": aumentando il valore del TBR le pareti verticali si fanno sempre più ripide fino a portare un TorSen molto vicino ad un "locked" per valori di TBR dell’ordine di 6.

 

 

 

  

 

 

 

Valutazioni Globali

 

Abbiamo ora tutto l’apparato concettuale che ci serve per valutare le prestazioni di un sistema di trasmissione per quanto riguarda la sua capacità di fornire trazione in condizioni variabili di aderenza: dobbiamo solo più combinare la trazione del ponte posteriore con quella del ponte anteriore, ma questo purtroppo non lo possiamo rappresentare con semplice grafico, perchè avremmo bisogno di 5 dimensioni anziché le 3 disponibili!
Ma quello che ci interessa è più una valutazione globale, una ”figura di merito” che ci indichi quanto è efficace un certo schema di trasmissione definito un certo intervallo in cui può variare il coefficiente d'attrito delle diverse ruote sul terreno, e questo si può calcolare dal volume multidimensionale compreso sotto la superficie che definisce il MAG per due ponti. I calcoli sono decisamente complicati e vanno ben oltre gli scopi che ci stiamo ponendo con questa già piuttosto lunga trattazione, e pertanto ci accontentiamo di riportare alcune tabelle calcolate per i valori di maggiore interesse.
Considereremo per completezza il caso in cui il grip vari da 0 a 1, ma poiché è abbastanza raro trovarsi su un arco così ampio di situazioni, riportiamo anche due tabelle rappresentative di una situazione di guida in fuoristrada su sterrati e fango e una su fondi di tipo sabbioso e di pista. Questo significa ridurre l’ampiezza di variazione del coefficiente d'attrito a un ambito di variazione più ristretto: da 0.2 a 0.7 per la guida su sterrati e fango e da 0.3 a 0.6 per sabbia e piste di tipo sahariano.
 
Consideriamo un sistema a tre differenziali, e vediamo le differenze di trazione che derivano da diverse configurazioni di differenziali. E’ chiaro che il risultato peggiore lo otterremo con tre differenziali "open", mentre il migliore in assoluto con tre differenziali "locked", ma è interessante vedere “quanto” questo risultato è migliore nelle diverse situazioni.

 

Diff Post

Diff Centrale

Diff Ant

Figura di Merito

0.0 – 1.0

(globale)

0.2 – 0.7

(sterrati e fango)

0.3 – 0.6

(sabbia e piste)

open

open

open

0.74

1,17

1.42

locked

open

open

1.04

1.32

1.51

open

60%

open

1.11

1.45

1.59

50%

open

50%

1.11

1.55

1.65

open

locked

open

1.30

1.45

1.59

locked

60%

open

1.48

1.62

1.69

locked

locked

open

1.65

1.62

1.70

50%

locked

50%

1.73

1.79

1.79

locked

locked

50%

1.87

1.80

1.80

locked

locked

locked

2.00

1.60

1.80

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Caso “Globale”

La tabella è ordinata per valori crescenti della figura di merito per il caso in cui il grip considerato varia da 0 a 1: è chiaro in questo caso che aumentando il livello generale di “blocco” le prestazioni in termini di trazione migliorano. Per un sistema a tre differenziali "open", il principale passo avanti si ha inserendo il blocco al differenziale centrale, che genera un incremento della figura di merito da poco più di 0.7 a 1.3: un netto miglioramento che si può percepire chiaramente quando si guida in terreni con scarsa aderenza generale e si inserisce il blocco centrale.

Una configurazione con un autobloccante all’asse posteriore ci dà prestazioni nettamente migliori della configurazione tutto "open", e confrontabili con due TorSen davanti e dietro con TBR = 2.5, e rimane inferiore di qualche percento rispetto allo schema con due TorSen quando si blocca il differenziale centrale. Uno schema con blocco posteriore e TorSen anteriore è il migliore in quanto a guidabilità e molto vicino ai tre blocchi. Lo schema più conveniente, specie in termini di efficacia rispetto al costo, è in questo caso quello del blocco posteriore al 100%, che dà prestazioni molto vicine al massimo, abbinate sia col differenziale viscoso centrale o totale di serie.

Però osserviamo che nella guida fuoristrada non è poi così importante avere la migliore aderenza in assoluto quando le condizioni di aderenza sono generalmente buone, mentre è invece assai più efficace avere la possibilità di sfruttare tutta la trazione potenzialmente disponibile quando le condizioni generali di aderenza sono scarse: cambiamo il campo di variabilità del coefficiente d'attrito e vediamo cosa succede…

 

Caso “Sterrati & Fango”

Riducendo il campo di variabilità del grip il quadro cambia, nel senso che le differenze tra le varie configurazioni si riducono un poco.

Il caso dei tre differenziali "open" è sempre quello che dà le minori prestazioni, e il vantaggio di inserire il blocco centrale è sempre sensibile, ma per le altre configurazioni le differenze sono meno significative. Il miglior risultato lo dà sempre il sistema a tre blocchi, ma gli altri non sono così lontani: un sistema con due TorSen anteriore e posteriore con un TBR = 2.5 è circa equivalente ai tre blocchi, così come un sistema con blocco al ponte posteriore e al centrale. Anche un sistema con un differenziale centrale di tipo viscoso con una percentuale di blocco del 60% accoppiato ad un blocco posteriore al 100% non è molto lontano dal massimo che si può ottenere.

Seppure più costoso un sistema con due TorSen ha il vantaggio soprattutto di mantenere una migliore guidabilità.

 

Caso “Sabbia & Piste”

Al ridursi della variabilità del coefficiente d'attrito le differenze tra i veri schemi di trazione si fanno sempre meno importanti, come deve infatti essere, poiché le ruote sono sempre di più in condizioni di trazione molto simili tra di loro, e il benefico effetto dei differenziali TorSen o "locked" che siano si fa sentire solo se c’è molta differenza di grip tra una ruota e l’altra. Tutte le configurazioni sono approssimativamente simili, con un graduale miglioramento della trazione disponibile all’aumentare dei blocchi. 

   

 

 

 

Considerazioni Finali

 

Abbiamo cercato in quest’ultima parte di ricondurre le diverse architetture di trazione ad uno schema semplice che potesse essere valutato in funzione di un solo numero. Questo sforzo è certamente utile, perché ci permette di confrontare rapidamente e quantitativamente diverse architetture in funzione della loro applicazione o destinazione. Tuttavia vi sono altri fattori che devo essere tenuti in conto, la cui valutazione non può essere resa così analitica ma che devono essere valutati qualitativamente, ai quali cercheremo di accennare ora brevemente e che deveono essere comunque tenuti in conto quando si decida di fare queste genere di modifiche al proprio fuoristrada.

 

Direzionalità dello Sterzo

E’ l’effetto che l’inserimento dei blocchi ha sul controllo direzionale del veicolo. In generale perdere in direzionalità e precisione di guida può impedirci di scegliere la migliore traiettoria o i migliori punti di appoggio per le ruote, magari vanificando i vantaggi che derivano dall’uso di un differenziale potenzialmente migliore. La perdita di direzionalità nella guida arriva al suo estremo con tre blocchi inseriti, generando situazioni nelle quali altro che andare dritti non si può!

Questo problema è in parte compensato dai differenziali automatici che si sbloccano quando si percorre una curva.

 

Inserimento del Blocco

La facilità e la tempestività con cui il sistema può essere inserito o disinserito può essere un fattore importante nella guida. E’ chiaro che fermarsi per inserire un blocco può essere uno svantaggio nella guida, poiché fa perdere tempo e soprattutto l’abbrivio. Richiede inoltre la valutazione preventiva della necessità o meno di inserire il blocco, cosa che non tutti i piloti sono capaci di fare: molti prima provano, poi mettono il blocco e riprovano, col risultato di avere danneggiato la pista e reso talvolta più difficile il passaggio, oltre ad aver corso il rischio di rimanere fermi a metà dell’ostacolo.

 

Affidabilità

Un blocco causa comunque una maggiore sollecitazione degli organi meccanici, riducendone l’affidabilità. Ma a parte questo occorre considerare anche i sistemi di comando, eventuali tubi e interruttori, cavetti e altri attuatori, in generale esposti sotto la macchina e sempre a rischio di essere danneggiati.

 

 

 ** questa serie di articoli contiene, oltre a informazioni tecniche obiettive, anche opinioni personali dell’Autore, basate sulla sua esperienza, e che non sono necessariamente condivise da tutti.

 

                        

 


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